Giampaolo Bernagozzi (Bologna, 1926-1986) è stato il fondatore di un filone di studi che ha consentito di allargare gli orizzonti della riflessione sugli studi cinematografici. Da uomo impegnato politicamente qual era,  si è sempre rivolto prevalentemente alla cosiddetta cinematografia documentaria, più che alla fiction, dichiarando di volerne sfatare il mito dell’”oggettività” dell’immagine.

“Il mito dell’immagine” è anche il titolo di una delle sue ultime opere. Proprio per sfatare il mito dell’”oggettività dell’immagine” ha dedicato tutta la sua vita a quella produzione cinematografica che fino ad allora (gli anni attorno al 1970) era considerata di “serie B”: al documentario, al cinema corto. E “Il cinema corto” è anche il titolo del suo libro forse più bello e ancora oggi attuale.

Un altro lavoro importante di G. Bernagozzi è dell’inizio degli anni ’80, dedicato all’analisi dei cinegiornali fascisti e a quelli post-fascisti degli anni ’50 (“La Settimana Incom in particolare): come ci raccontano la storia? Cosa ci dicono oggi? Bernagozzi definiva le Incom: “le settimane del terrore” perché, sono sue parole,  non facevano altro che propagandare l’immagine del regime democristiano sotto la veste di una presunta oggettività.

Quell’analisi a quei tempi era senz’altro innovativa, ne mancava però una parte, oggi ce ne rendiamo conto: analizzare solo l’aspetto della propaganda non consente di costruire un ragionamento su come quelle fonti possano essere utili per uno storico.