Nato a Bologna il 19 maggio 1926, è il secondo dei quattro figli di Gaetano e Livia Araldi. Il padre, avvocato, alla scoppio della Grande Guerra, pur riformato per un vizio cardiaco, riesce ad arruolarsi e a combattere negli alpini ma due anni dopo, per la sua salute compromessa, verrà congedato. Morirà nel 1931, per riconosciute cause di guerra. I Berti sono una famiglia borghese di tradizione risorgimentale, di forte spirito patriottico, nel tempo impegnata con vari esponenti nella politica locale e nazionale, conservatrice e non ostile al fascismo. Francesco frequenta il ginnasio-liceo Galvani e qui negli anni liceali (che sono gli anni della guerra) grazie in particolare alle lezioni del docente di storia e filosofia Evangelista Valli, maestro di serietà e di rigore morale, inizierà a maturare un distacco dalla cultura fascista sin lì ricevuta. Al liceo si lega inoltre di una profonda amicizia con un compagno di classe, Giuliano Benassi.

Di due anni più vecchio, Benassi dopo l’otto settembre 1943 ricade nella prima chiamata di leva della neonata Repubblica di Salò, rifiuta di presentarsi ed entra nella Resistenza; richiamato a sua volta nel maggio 1944, anche Francesco non si presenta e a Gaggio Montano il 24 giugno è del primissimo nucleo di ragazzi che danno vita alla brigata Giustizia e Libertà Montagna, formazione che opera in zona, tra il bolognese e il modenese, e che in particolare, di concerto con gli Alleati, partecipa alla liberazione di Gaggio e ne assume l’amministrazione; Francesco, diciannovenne, è segretario comunale. Frattanto il suo amico Giuliano è stato catturato, torturato, detenuto per mesi a Verona e infine deportato in Germania, dove sarà ucciso nel corso di una «marcia della morte» negli ultimi giorni della guerra.
Dopo la guerra, Francesco si iscrive all’università e nel 1949 si laurea in Giurisprudenza avviandosi alla professione di avvocato. Tuttavia, nel solco dell’esperienza partigiana, che considererà poi sempre un crinale decisivo della sua vita, affianca alla professione un forte impegno civile e politico. Nel 1949 aderisce alla Federazione italiana associazioni partigiane (FIAP), fondata in quell’anno da Ferruccio Parri, e a questa darà il suo impegno fino all’ultimo, divenendo vicepresidente e poi presidente (2005-2012); molto legato a Parri, lo seguirà nell’esperienza di Unità popolare, e per molti anni collaborerà con numerosi interventi sia al periodico della FIAP «Lettera ai compagni» sia alla rivista fondata da Parri «L’astrolabio». A partire dal primo Consiglio federativo della Resistenza per l’Emilia-Romagna (1960) Francesco ha fatto parte delle istituzioni dedicate alla storia della Resistenza; è stato in particolare presidente sia dell’Istituto provinciale (1980-82) sia di quello regionale (1980-95) poi intitolato, per sua iniziativa, a Ferruccio Parri, della Fondazione ex campo di Fossoli (2005-2009), ed è stato membro del consiglio direttivo dell’Istituto nazionale (INSMLI).
La fedeltà alla Resistenza e ai suoi valori si ritrova anche nei suoi numerosi scritti di politica della giustizia, e nei suoi libri, dalla raccolta di poesie Cantatine partigiane (1965) ai saggi di Coi miei compagni io devo restare (1974), per finire con la toccante testimonianza di Viaggio con l’amico (1990), racconto di un pellegrinaggio intrapreso in Germania sui luoghi del sacrificio di Giuliano Benassi, che diventa memoria di una generazione che ha saputo emanciparsi dal fascismo in cui era cresciuta. Un’ampia testimonianza della sua esperienza partigiana è nel saggio di Pier Giorgio Ardeni sulla brigata Giustizia e Libertà Cento ragazzi e un capitano (2014).
Muore a Bologna il 28 dicembre 2018. Nel 2023 l’Istituto Storico Parri gli intitola la sua sala più importante.
*La foto da cui è stata tratta l’illustrazione è stata gentilmente messa a disposizione dalla famiglia Berti.