Visione guidata del film Monsieur Batignole 

(commedia drammatica, Francia 2002, 100 minuti. Regia Gèrard Jugnot)

Destinatari: alunni del quinto anno della scuola primaria (primo e secondo percorso); studenti della secondaria di primo e secondo grado (terzo percorso). 

Oltre la durata del film (100′) sono da prevedersi un’attività di introduzione ai temi prescelti ed una discussione al termine della visione. La durata complessiva è di tre ore

Proposte di percorso didattico. 

Percorso 1. Politica, società e individuo. Batignole metafora di un mondo

Batignole è un uomo del suo tempo, espressione con la quale s’intende un individuo e un tipo umano pienamente rappresentativo di una generazione. Egli non è solo un piccolo-borghese alle prese con le difficoltà di mantenere un tenore di vita dignitoso in tempo di guerra e che si trova nelle condizioni di poter trarre profitto dalle disgrazie altrui; non è solo diviso fra resistere con dignità o lasciarsi sedurre dalle lusinghe dei dominatori, ma è terribilmente sconfitto dalla storia (il ricordo della Prima Guerra mondiale è vivido e costante in tutto il film).

Batignole cerca di fuggire dalla realtà nascondendosi in un piccolo universo fatto di totale dedizione al lavoro, di concentrazione sugli affari e cerca di salvare la cassa e la coscienza in un gioco di difficili equilibri tra furbizia da bottegaio e scrupoli di buon padre di famiglia. Dalla vita privata di ogni cittadino fino alle scelte politiche della nazione, la condizione di grave passività, d’incapacità di reagire alle minacce del nazismo – chiaramente deciso a condizionare e sottomettere tutta l’Europa per lanciarsi al controllo totalitario di tutto il mondo – ha costituito un forte handicap per la nazione francese fra le due guerre mondiali. Uscita vincitrice dal primo conflitto contro la Germania, a prezzo di pesanti perdite in vite umane, la Francia dei primi anni ‘40 cerca fino all’ultimo di non essere coinvolta in un’altra avventura bellica, rinchiudendosi in una neutralità sempre più stretta e ingiustificabile. Rifiutandosi di intervenire nel teatro delle vicende politiche internazionali, la Francia di Batignole si trova isolata e vulnerabile fino a subire, in un’invasione lampo, la rapida occupazione nazista di metà territorio. Impreparato anche di fronte a questa eventualità il Paese si spacca e assiste, da un lato, alla fuga all’estero delle compagini politiche di sinistra e dall’altra dalla poco astuta complicità dei nazionalisti francesi nei confronti di una Germania interessata solo ad arricchirsi e a estendere con ogni mezzo il proprio controllo politico e ideologico. Nel film Batignole è rappresentante ideale di questa Francia rinunciataria, dolente e sconfitta, desiderosa solo di pace e prosperità, solo vagamente minacciata dalla generazione di Pierre-Jean, dichiaramente nazionalista e di destra, che sostiene opportunisticamente la politica razziale dei tedeschi consapevole delle vantaggiose ripercussioni economiche e della possibilità di rimescolare le carte dell’assetto sociale a vantaggio di quel ceto medio scaltro e ardimentoso pronto a occupare spazi lasciati vuoti dalle deportazioni di massa. In questo la piccola vicenda dei Batignole contrapposti ai vicini Bernstein è semplicemente esemplare, i primi godono delle disgrazie dei secondi e sono complici nella loro deportazione. Il premio per la collaborazione e fedeltà dimostrata al comando tedesco, però, non li mette al sicuro dall’essere soggetti allo stesso trattamento, nel caso in cui il loro comportamento risultasse in qualche modo sospetto.

Percorso 2. La monetizzazione della vita umana

Nel film, soprattutto nella prima parte, c’è un ossessivo richiamo dei personaggi al desiderio di ricchezza. Si dà molta importanza al dato concreto, economico dell’esistenza.  Impadronirsi di cose e stili di vita lussuosi è unico elemento dotato di senso, unico parametro di giudizio del reale. Quando questi tipi di comportamenti tendono a massificarsi, a diventare modello di vita per la collettività ecco che si perde il valore da attribuire a ogni singolo individuo. La monetizzazione di ogni bene (tipico riferimento piccolo-borghese) diventa strada per l’odio e il disinteresse per i meno fortunati. E l’economia della scarsità, tipica dei tempi di guerra e di crisi economica, è la base materiale su cui poggiano i processi di de-umanizzazione così ben disegnati nel film.  

Solo nell’ultima parte del film questo modello cade per lasciare spazio all’idea del dono di sé, all’aiuto fornito senza l’attesa di nessuna ricompensa (la famiglia dei resistenti, il passatore). Batignole lascia tutte le sue sicurezze, vende il quadro di valore che rende possibile la fuga (dato interessante e che merita una riflessione: qui il denaro diventa viatico per la salvezza) e ottiene in cambio uno scorcio di vita idilliaco, a contatto con la natura e relazioni vere.  

Percorso 3. Infanzia reale, infanzia come regressione

Nel film ci sono tre bambini reali (Simon, Sarah e Guilia) ma anche un bambino mai cresciuto che è Edmond Batignole. L’ingenuità infantile così come la regressione all’infanzia sono spesso al centro della vicenda. Può sembrare strano che un uomo di mezza età regredisca parzialmente fino ad assumere un comportamento infantile e d’immaturità come quello in cui ottusamente Batignole si costringe. Forse l’esperienza della Prima guerra mondiale lo spinge a rifugiarsi in una maschera bonaria, pavida e miope; scelta che ha come conseguenza quella di subire ogni iniziativa altrui. Così, pur odiando i tedeschi, riesce a mostrare solo la sua intemperanza svagata e, di fronte al dono del furgone, dimentica ogni ingiustizia: completamente assorbito dalla meraviglia di un vantaggio inatteso. L’illusione in cui si è rinchiuso il rosticciere scoppia appena lascia l’ostile mondo degli adulti per condividere l’autentico candore, la vera innocenza dei tre cugini ebrei in pericolo di vita. Il suo ritorno alla realtà avviene quando decide di fuggire dalla sua vita per difendere l’innocenza dei bambini: la loro difesa è per lui l’occasione responsabilizzante e la sua decisione di trarli in salvo lo riporta alla sua naturale condizione di adulto. In breve tempo l’avventurosa fuga verso il confine svizzero si trasforma in una meritata vacanza in cui Batignole torna davvero bambino, godendo dei piaceri della campagna, della libertà, emancipandosi dai piccoli problemi quotidiani di miope borghese che pensa solo ai propri interessi economici. Batignole lascia la sua vita alle spalle, compresa la famiglia, per seguire tre bambini in una sorta d’idillio, necessario ad uscire vivi da una guerra altrimenti persa in partenza. L’incontro coi bambini opera contemporaneamente una forte identificazione e un rovesciamento nella personalità del protagonista che si scopre dotato di volontà, coraggioso, tenace, vivo e umano come mai prima di quel momento.